Ionizzatore d’acqua




In tema di acqua, il dibattito è sempre aperto. Discussioni, scambi d‘opinioni e consigli su se, quanto, quando e cosa bere sono all’ordine del giorno. Di una cosa però c’è l’assoluta certezza: l’acqua è una delle principali componenti del corpo (65-70%) ed è l’unico elemento a cui l’uomo non può rinunciare. Venendo a “quanto” e “quando” beh, anche in questo caso le idee sono chiare: almeno da 1,2 a 2 litri al giorno preferibilmente lontano dai pasti.
I problemi arrivano quando si affronta il “cosa” bere. O meglio, quale acqua scegliere: quella del rubinetto, quella in bottiglia… Non esiste una risposta unica, ma procediamo con ordine e valutiamo vantaggi, svantaggi, differenze, similitudini e, soprattutto soluzioni efficaci per bere bene e “sano”.
I benefici dell’acqua per la salute e il benessere del nostro organismo sono molteplici. Favorisce l’eliminazione di tossine e di sostanze di rifiuto; incrementa lo sviluppo muscolare in soggetti che praticano attività fisica; migliora l’aspetto e la texture della pelle e la compattezza dei tessuti; tutela l’umidità delle muscose; promuove la lubrificazione delle articolazioni.
Inoltre, rafforza il sistema immunitario, previene l’accumulo di sali nei reni che potrebbe causare la formazione di calcoli, assicura la corretta densità al sangue evitando complicazioni cardiovascolari, previene il mal di testa, spesso causato dalla disidratazione, aumenta l’energia (uno studio dei ricercatori della University of Est London e pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience dimostra che bere un bicchiere d’acqua prima di una prova o un compito lavorativo migliora le capacità cognitive e rende più attenti soddisfacendo le esigenze di idratazione del cervello) e, non ultimo, incoraggia il flusso di sostante nutritive e ormoni nelle cellule e permette un rilascio maggiore di endorfine, le molecole legate alla felicità e al buonumore.
Ad accomunare l’acqua imbottigliata e quella dell’acquedotto poi il fatto che entrambe sono “morte”, ovvero (a meno che non sia a km. 0) hanno perso la maggior parte del loro contenuto energetico.
Scendendo in dettaglio, nel caso si acquisti acqua imbottigliata, d’obbligo tenere presenti alcune informazioni fondamentali. Se la bottiglia che acquistiamo è in plastica, o meglio in PET (Polietilene Tereftalato), da sapere che questo materiale contiene Biosfenolo A, un composto organico che assunto in quantità considerevoli è dannoso per la salute poiché, se sottoposto a riscaldamento o a contatto con gli alimenti, per cessione chimica rilascia particelle capaci di interferire con il sistema nervoso e ormonale (si comportano come veri estrogeni), di favorire l’insorgere del diabete arrivando a indurre la formazione di tumori (danneggia il sistema di segnalazione cellulare).
Meglio optare quindi per le bottiglie in vetro (da conservare in un luogo fresco e al riparo dalla luce, anche se non va trascurato il fatto che rimangono nei magazzini e sono esposte a lungo sugli scaffali nei negozi) dopo avere letto attentamente l’etichetta informativa che, sebbene sia un po’ complicata da decifrare, fornisce dati importanti. Prima di tutto, va controllata la posizione della sorgente (il più lontano possibile da pianure in cui sono presenti colture intensive che impoveriscono il terreno e utilizzano spesso fertilizzanti, pesticidi e sostanze chimiche) e la temperatura a cui sgorga l’acqua (che deve essere bassa).
Step successivi: verificare il valore del residuo fisso che stima il contenuto in sali minerali, fondamentale per un corretto equilibrio idrosalino, per contrastare la ritenzione idrica, l’ipertensione e la calcolosi renale (che colpisce il 3% della popolazione e il 15% degli uomini in età compresa tra i 23 e 40 anni). Così come quello del pH, che dà un’indicazione sull’acidità; quello della conducibilità elettrica, che aumenta parallelamente all’incremento della quantità di sali minerali disciolti; e quello della durezza che esprime il contenuto in calcio e magnesio. Attenzione anche alla presenza di nitrati, un parametro molto importante soprattutto per neonati e bambini. Se assunti in quantità significativa, ostacolano il trasporto di ossigeno al sangue con conseguenze seriamente pericolose.
Se si sceglie invece l’acqua del rubinetto, anche qui è necessario tenere presente qualche accorgimento. A prescindere dalle informazioni e dalla rassicurazioni che arrivano dalle istituzioni, le acque di questo tipo qualitativamente accettabili sono veramente poche. La loro qualità è legata al grado di manutenzione degli acquedotti locali e degli impianti di erogazione, cui si aggiunge anche lo stato delle tubature della nostra abitazione. A meno che non provengano da fonti sotterranee poi, possono essere trattate e disinfettate con cloro che non solo lascia dei residui ma ne altera il pH che diventa neutro o leggermente alcalino.
A questo punto naturale chiedersi cosa fare per poter bere acqua “viva” in grado di idratare, remineralizzare e rivitalizzare il corpo apportandogli tutte e benefiche sostante di cui necessita. Tante le soluzioni, ben sette. Vediamole.
A oggi, l’unico modo per attenere acqua alcalina che apporti dei reali effetti benefici per la salute del nostro organismo è avvalersi di uno ionizzatore d’acqua. È un dispositivo da collegare alla rete idrica domestica che oltre depurare l’acqua la rende alcalina e la ionizza. Come funziona? In primis un sistema di filtri trattiene le impurità e il cloro (ma i modelli più recenti sono dotati di un sistema filtrante personalizzabile in base al tipo di acqua da trattare).
L’acqua che si ottiene passa poi alle camere di ionizzazione che contengono degli elettrodi attraversati da corrente. Qui, attraverso il fenomeno dell’elettrolisi, vengono separati i minerali alcalini da quelli acidi, ovvero gli elettrodi negativi attirano nella loro camera i minerali con carica positiva (alcalini) e gli elettrodi positivi attirano quello con carica negativa (acidi). Le due camere sono separate da membrane speciali dotate di fori molto piccoli che impediscono alle molecole d’acqua organizzate in grandi raggruppamenti (cluster) di attraversarle, lasciando invece filtrare i minerali ionizzati. Nella camera con elettrodi positivi avremo così acqua acida, in quella con elettrodi negativi acqua alcalina ionizzata. Lo ionizzatore erogherà così l’acqua con il pH richiesto e scarterà quella rimanente. Da sottolineare che in questo caso non viene aggiunta nessuna sostanza chimica e nessun minerale all’acqua, vengono solamente divisi quelli già presenti naturalmente.
Aggiungere all’acqua del succo di limone per avvalersi delle sue virtù benefiche e detossinanti è una pratica utilizzata da secoli. Ma è anche un ottimo modo per rendere l’acqua alcalina, a patto che la si beva subito dopo averlo spremuto perché si ossida facilmente e in poco tempo. L’acido citrico che contiene infatti, nel corpo si trasforma in citrati, sostanze capaci di neutralizzare l’acidosi metabolica causata dall’accumulo di acidi nell’organismo. Ecco perché si consiglia di berne un bicchiere subito al mattino per alcalinizzare il corpo (la notte l’organismo elimina l’eccesso di acidi accumulati durante il giorno). Va però ricordato che l’azione anti-ossidante è limitata e che l’acqua che si ottiene, è alcalina e non ionizzata, ovvero non contiene minerali alcalini in forma prontamente assimilabile. Altro limite, è che a lungo termine rovina i denti poiché l’acido del limone contatto con lo smalto alcalino dei denti lo corrode lentamente.
Un altro modo per ottenere un’acqua alcalina dal potere detossinante è aggiungevi del bicarbonato di sodio. Questo metodo però è molto dibattuto. Sicuramente ricorrervi aiuta ad alcalinizzare temporaneamente l’organismo (in particolare dopo un pasto abbondante o in caso di iperacidità gastrica) ma è sconsigliabile utilizzarlo abitualmente e con regolarità perché il bicarbonato presenta numerose contrindicazioni documentate in letteratura medica. Può causare distensione gastrica, crampi allo stomaco e flatulenze; formare depositi a livello renale; originare difficoltà respiratorie; aumentare la pressione arteriosa; provocare un’eccessiva ritenzione idrica nelle persone predisposte fino alla comparsa di edema polmonare. Da non usare assolutamente quindi, in caso di insufficienza renale o pressione alta.
Per ottenere acqua alcalina si può utilizzare anche polvere di alghe o di corallo. Attenzione però. Fondamentale verificare la provenienza della materia prima per essere certi che non arrivi da zone contaminate o inquinate. Come il corallo di Okinawa, ad esempio. È ricco di calcio, potassio, oligoelementi essenziali e magnesio ma si trova solo nelle vicinanze di Fukushina e quindi è radioattivo. Inoltre, non essendo del tutto assimilabile, porta ad un appesantimento delle funzioni renali.
L’aggiunta di integratori alcalinizzanti all’acqua può rappresentare in termini di efficacia una scelta abbastanza soddisfacente, ma ci sono notevoli limiti. Innanzitutto l’unico modo perché l’effetto idratante intracellulare sia concreto è necessario che la soluzione isotonica sia arricchita da carboidrati, come avviene negli sport drink, il cui compito è infatti quello di veicolare l’acqua nelle cellule. L’uso di queste bevande però è consigliabile solo quando si pratica attività fisica o in caso di necessità. L’azione dei sali alcalinizzanti sul pH è abbastanza rapida ma altrettanto veloce è il ritorno ai valori originari. Da qui l’esigenza di assumerli in continuità se l’intenzione è quella di ripristinare l’equilibrio acido-basico, ma un loro utilizzo prolungato potrebbe portare a costipazione o a facilitare la formazione di calcoli renali.
Le caraffe “alcalinizzanti” ovvero dotate di filtri che arricchiscono l’acqua del rubinetto di minerali agiscono esattamente come gli integratori di sali alcalinizzanti ma con ulteriore svantaggi. Innanzitutto i minerali che rilasciano gradualmente nell’acqua non sono bio-disponibili e quindi sono assimilabili dall’organismo, anzi con l’uso prolungato possono appesantire i reni. Inoltre non eliminano il cloro e i batteri e non influenzano la durezza dell’acqua. Un fattore da non trascurare poi è anche che l’acqua filtrata ristagna a lungo nella caraffa e si trasforma nel terreno ideale per la proliferazione batterica. Per questo motivo non sono ravvisabili nel loro uso vantaggi pro-salute o comunque funzionali per incrementare la qualità o il potere idratante dell’acqua.
Studiati per un uso domestico permettono di eliminare dall’acqua proveniente dall’acquedotto minerali acidi, cloro e altri agenti inquinanti presenti nelle tubature. La loro efficacia nella depurazione è abbastanza valida purtroppo però privano l’acqua erogata di minerali e non migliorano la sua clasterizzazione, ovvero il suo potere di idratare le cellule. Per ovviare a questo inconveniente alcuni depuratori di ultima generazione si avvalgono di un secondo filtro che reintegra i sali minerali alcalinizzanti, rendendo così la loro azione simile a quella di un blando integratore alcalinizzante e con gli stessi limiti. L’acqua poi ristagna nel serbatoio (che deve essere regolarmente pulito e disinfettato) e per eliminare la carica batterica che si viene a formare è stato reso obbligatorio per legge l’inserimento di un sistema Uv. Anche in questo caso quindi non sussistono evidenti motivi per adottare questo metodo di alcalinizzazione se non quello di avvalersi di un dispositivo utile in caso di acque molto dure con impurità o per decalcificare l’acqua domestica.